mercoledì 31 marzo 2010

Aerei militari rilasciano nell'aria sostanze sospette. Di cosa si tratta?


Gricignano di Aversa. 31 Marzo 2010. Nove aerei militari sono appena passati (le 11 circa del 31 Marzo 2010), volando a bassa quota, sul territorio della nostra provincia (Caserta). Da uno degli aerei è stata rilasciata una sostanza che si è dissolta nell'aria, molto simile a una nuvola di fumo. Se fosse stato fumo provocato dalla combustione del carburante il fenomeno avrebbe interessato anche gli altri aerei, invece no. La sostanza è uscita da uno degli aeroplani in una piccolissima frazione di secondo. Il dubbio, per chi vive a queste latitudini, è d'obbligo.

Qualcuno sa dirci qualcosa a riguardo? Che cos'è o cosa potrebbe essere???
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sabato 27 marzo 2010

Il bluff dell'emergenza rifiuti [non] risolta in Campania

di Cecilia Anesi e Giulio Rubino

26 Marzo 2010. Nel napoletano e nel casertano è di nuovo emergenza rifiuti. Ma era davvero finita? Un altro dei bluff del governo Berlusconi smascherato, come a L’Aquila, semplicemente andando a verificare sul campo. Lo hanno fatto due documentaristi, che raccontano una situazione che «puzza» e la popolazione sempre più allarmata per la salute. Intanto è prevista l’apertura di un’altra discarica, ancora nel parco nazionale del VesuvioGli scandali che ultimamente hanno colpito Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi per molti non sono stati una sorpresa. Specialmente in Campania, dove la cittadinanza ha guardato con sconcerto, per tutta la durata dell’ultimo commissariato, ai controversi provvedimenti voluti per risolvere l’emergenza rifiuti. Discariche nei parchi nazionali, grossi impianti di inceneritori che funzionano ancora solo parzialmente, innumerevoli siti di stoccaggio «temporaneo» di rifiuti che prendono fuoco con regolarità. Molte di queste discariche sono state costruite addirittura sopra a vecchi siti di sversamento abusivo, e mai una bonifica, mai un sito di compostaggio funzionante, mai un dialogo costruttivo con la popolazione spaventata dall’aumento di tumori e malattie croniche in tutta la regione. La confusione che sovrasta la vera data della vera fine dell’emergenza rifiuti parla da sé. Bertolaso ne dichiara la fine il 18 dicembre 2009, mentre la legge 123 del 2008 sancisce il termine ufficiale dello stato emergenziale al 31 dicembre 2009, ma il primo ministro Berlusconi la dichiarava terminata già a luglio 2008 dando nuovamente il benvenuto a Napoli in Occidente. Certo è che adesso la situazione è regolata da un neonato decreto, il 195 del 2009, e gradualmente la gestione dovrebbe passare dalle mani del Commissariato alle mani della Regione e delle Province. Ma basta alzare un telefono e chiamare l’Osservatorio provinciale rifiuti di Napoli chiedendo dei semplici dati sulle discariche per capire in che stato di caos versino le istituzioni locali in materia. Inoltre, non tutte le discariche previste dal decreto legislativo 123 sono state aperte entro la fine ufficiale del periodo emergenziale, che fornisce allo Stato la possibilità di andare in deroga alle normative nazionali ed europee in materia di rifiuti. É proprio grazie all’emergenza che è stato possibile creare una discarica, quella di Terzigno, all’interno di un’area naturale protetta, cioè all’interno del Parco nazionale del Vesuvio, e di farla diventare un enorme ingurgitatore di un mix di rifiuti solidi urbani e rifiuti pericolosi quali fanghi industriali e ceneri tossiche di inceneritore. E però, in nome dell’emergenza, quando c’è bisogno di fare le cose in fretta, si può anche fare uno strappo alla regola. Non si spiega però la decisione dell’ultimo mese di aprire una seconda discarica nel Parco, che, pur essendo prevista dalla legge 123, non è stata aperta fino ad oggi dimostrando di non essere essenziale per la risoluzione dell’emergenza rifiuti. Infatti Bertolaso, giusto in tempo prima che lo stato emergenziale finisse [per decreto], ha convocato una conferenza di servizi a palazzo Salerno a Napoli il 30 dicembre 2009. Alla conferenza viene discussa l’apertura di una nuova discarica nel Parco del Vesuvio, in località Cava Vitiello, che dovrebbe coprire uno spazio cinque volte maggiore a quello coperto dall’attuale discarica in località Pozzelle. Bertolaso non è presente perché si sta occupando dell’esondazione nel Lucchese, ma il prefetto fa le sue veci e la conferenza raccoglie una maggioranza di pareri contrari, inclusi quelli dei tre sindaci di Boscoreale, Boscotrecase e Trecase e del commissario di Terzigno. Viene detto però che il Commissariato all’emergenza rifiuti, e dunque lo Stato italiano, si riserverà la possibilità di aprire comunque la discarica qualora lo dovesse ritenere necessario. E’ infatti dell’8 febbraio scorso la comunicazione ai quattro comuni vesuviani che annuncia le volontà del consiglio dei ministri: via libera alla nuova discarica. E anche questa dovrebbe ospitare, da decreto, un bel mix di rifiuti solidi urbani e rifiuti tossici. Ma non viene spiegato come verrà giustificata la deroga alle normative europee, adesso che l’emergenza non c’è più. Il fatto che oggi sia lo Stato a fare quello che prima faceva la camorra sembra non destare alcuno scandalo.La puzza di morte causata dalla discarica esistente è gia tale che le persone non riescono a sostare nelle piazze dei quattro paesi, è difficile immaginare lo scorrere di una vita normale in un futuro ornato da due megadiscariche affiancate l’una all’altra. Lo scempio non si ferma alle falde del Vesuvio, lo scempio ambientale in Campania continua, ricordando irreparabilmente la Leonia di Calvino, una città discarica che straripa, che si allarga in una miriade di mini discariche abusive che scivolano sull’orizzonte interrotto solo da mostri di cemento. L’emergenza è ormai parte del paesaggio. Le intercettazioni incluse nell’ordinanza del gip Rossana Saraceno, relativa all’inchiesta «Rompiballe», già da due anni avevano sollevato seri dubbi sulla qualità degli interventi di Bertolaso in Campania: «tu fai tutto quello che può essere utile, che può servire. Io ho un obiettivo preciso: sputtanare i tecnici del ministero dell’ambiente», dice Bertolaso a Marta Di Gennaro, in una conversazione telefonica del 17 maggio 2007, e ancora, parlando della discarica di Terzigno, la Di Gennaro spiega «Noi stiamo parlando di una discarica da truccare e voi ci dovete aiutare».Ci si potrebbe aspettare che simili informazioni, una volta pubbliche, possano avere serie conseguenze sul commissariato, eppure l’ex sottosegretariato all’emergenza rifiuti si è saputo muovere fra le proteste e le polemiche che hanno accompagnato il suo mandato in Campania gestendo bene anche gli aspetti mediatici della questione. Il 18 novembre 2009 Bertolaso organizza uno «spazzatour» per giornalisti scelti, visitano l’inceneritore di Acerra, che per l’occasione accende tutti e tre i suoi forni [nonostante siano ancora in fase di collaudo]. Ma gli aspetti che il tour di Bertolaso ha tralasciato sono molti: del resto il suo giro turistico è durato una mezza giornata: dalle 11 alle 15,30. Quando Coreri a gennaio ha organizzato un nuovo spazzatour per noi, ci sono voluti quattro giorni. E’ vero, a Terzigno non ci sono i gabbiani. E’ vero, a Ferrandelle neppure. Forse ai gabbiani non piacciono i rifiuti tossici. Ma ai giornalisti non è stato fatto girare l’angolo, non è stato fatto filmare e fotografare Marruzzella 3, dove i gabbiani semplicemente regnano. Maruzzella 2, in particolare, era un sito di stoccaggio di ecoballe. Oggi è difficile riconoscerle: le coperture sono stracciate, e solo in alcuni punti si può intuire che una volta quella massa informe era composta da ecoballe. Ai giornalisti non è stato neppure fatto vedere lo scempio dei Regi Lagni, dove ogni giorni avvengono ingenti sversamenti di rifiuti tossici e speciali, nella piena impunità. Non sono stati portati a Sant’Arcangelo Trimonte, in provincia di Benevento, non sono stati portati a Pustarza, in provincia di Avellino, dove tra campi di grano di un verde cangiante e ulivi secolari sono state costruite delle enormi montagne nere. In una giornata di vento forte i teli si alzano, volano e svelano cosa ci sta sotto. Monnezza. Cascate di percolato che bucano la vasca di raccolta e si perdono nei campi. La puzza di decomposizione è, di nuovo, un incubo che ti accompagna tutto il giorno, anche dopo che rientri a Napoli, anche dopo la seconda doccia. Ed è proprio questa puzza che costringe le menti a domandarsi: è così che si risolve un’emergenza rifiuti? Spostando la monnezza dalla città alle campagne? Inquinando i terreni che ci permettono di vivere?Anche fosse. Immaginiamo che fosse stato davvero necessario richiedere questo sforzo immenso alla natura, arrivando quasi a provocare il collasso della sua sostenibilità, e che adesso davvero si fosse risolto tutto: perché si decide di aprire un altro ecomostro a Terzigno? Quale monnezza deve finirci? Se l’emergenza è risolta, gli impianti Stir [ex-cdr] funzionano e la raccolta differenziata ha preso piede, se l’inceneritore termovalorizza e Bertolaso è il nostro eroe, allora a cosa serve un’altra megadiscarica? Forse le cose non stanno esattamente così. Perché da decreto 90 la Cava Vitiello a Terzigno va aperta, e va aperta anche un’altra megadiscarica a Campagna [Salerno], nella valle del Sele. Anche a costo di andare contro tutti, parchi naturali, oasi Wwf e sindaci compresi. Perché? Perché la monnezza è oro.

articolo tratto da Carta.org del 26 Marzo 2010

nel seguente video le fotografie scattate durante lo SpazzaTour campano effettuato da Cecilia Anesi e Giulio Rubino

venerdì 26 marzo 2010

Il percolato della discarica di Maruzzella: è disastro!

San Tammaro. Località Maruzzella. Domenica 20 MArzo 2010. Le foto mostrano chiaramente quale sia la fine del percolato proveniente dalle montagne di rifiuti che negli ultimi mesi sono stati ammassati a Ferrandelle (Santa Maria la Fossa) e Maruzzella (San Tammaro) in barba alle più elementari norme di tutela dell'ambiente, dal momento che basta scavare un piccolo fosso per vederlo riempirsi del tossico percolato prodotto dai rifiuti, molti dei quali non coperti dalle dovute guaine protettive. La pioggia fa il resto. Accade quindi che il percolato vada a finire direttamente nel terreno e nei canali di scolo che vanno a finire dritti ai canali dei Regi Lagni, per poi prendere la via del mare.
Per avere un quadro completo della situazione in cui versano le discariche di Ferrandelle e Maruzzella consigliamo di guardare il video prodotto da "L'Espresso"


fotografie di Franco Spinelli

mercoledì 24 marzo 2010

Macelleria. Made in Ytaly

Aversa. Domenica 21 Marzo 2010. Nella macelleria quotidiana delle città dell'agro aversano si registrano frequentemente scene come queste: rifiuti che bruciano. Il fenomeno è perenne nelle campagne, disseminate come sono di discariche illegali, ove vengono smaltiti centinaia e centinaia di quintali di rifiuti di derivazione urbana e industriale per poi essere bruciati. Quasi tutti concorrono a questa mattanza, la stragrande maggioranza della popolazione di queste terre abbandonate da tutti, dove lo stato non ha controllo, dove vivere è sopravvivere, dove sopravvivere è una fortuna da conquistare. Dico la stragrande maggioranza perchè i primi ad avere colpe sono ovviamente coloro che sanno e non dicono, che vedono e non parlano, che stanno in silenzio quando c'è da urlare.




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martedì 16 marzo 2010

Carinaro. Fusti di rifiuti pericolosi abbandonati in pieno centro abitato

Accade l'assurdo. Accade in terra di Lavoro, sul territorio del comune di Carinaro, piccolo comune della provincia di Caserta, dove da poche settimane a questa parte sono stati stoccati illecitamente sei fusti pieni di materiali liquidi di sicura provenienza industriale e quindi altamente tossici e nocivi per la salute umana. La stradina campestre interessata dallo sversamento è un'arteria privata della "strada orientale" che delimita il confine tra i comuni di Carinaro e Gricignano di Aversa. Ci troviamo a poche decine di metri dall'istituto di Ragioneria "ITC Alfonso Gallo" di Aversa. La cosa strana di tutta la faccenda è che non si sono mai verificati episodi di abbandono di tali tipologie di rifiuti in pieno centro abitato, almeno nei paesi dell'agro atellano e aversano. Ciò lascia supporre che i fusti in questione fossero depositati presso qualche sito nei paraggi del posto ove è avvenuto lo sversamento e che il titolare di tale sito abbia voluto disfarsi al più presto dei fusti tossici, forse perché venuto a conoscenza, nel frattempo, della pericolosità del contenuto dei fusti. Sono ipotesi da prendere sul serio, dal momento che in questo territorio ci si è abituati a sentirne e a vederne di tutti i colori, specie in tema di disastri ambientali.






Fotografie di Franco Spinelli

Aversa. Marzo 2010. Torna l'incubo delle montagne di rifiuti per strada

Aversa. Di chi sia la colpa ogni volta non lo si riesce mai a capire. Ora ci raccontano che il personale del Consorzio Unico di Bacino delle provincie di Napoli e Caserta non riceve il salario da diversi mesi, sacrosanta la loro protesta, ma ci dobbiamo pur chiedere chi abbia fatto si che si arrivasse a tal punto. Si sa solo che noi cittadini possiamo solo assistere, impotenti, a questo stato di cose. Assistere. Non è un caso che uso questo termine, perché noi ci ritroviamo ad essere spettatori di una tragedia nella quale possiamo solo ravvisare il senso profondo di quello che sta accadendo: la perdita irreversibile della nostra identità. La colpa di tutto è nostra, perché l'abbiamo ereditata dai nostri padri e non c'è modo di liberarsene. Chi vive a certe latitudini arriva presto a fare i conti con questa verità enunciata dai cori dalle tragedie greche. Intanto stiamo qui ad aspettare. Adda passà a' nuttata!









Fotografie di Franco Spinelli

lunedì 1 marzo 2010

Rifiuti in Campania. Il punto di vista del WWF

Il 20 febbraio 2010, dal camino dell’inceneritore di Acerra (NA) vengono emesse evidenti colonne di fumo scuro che hanno creato una vasta nube sull’intera area circostante, destando allarme nella popolazione. Fin qui il comunicato e la richiesta di accertamenti da parte del Sindaco di Acerra, Dott. Tommaso Esposito, inviate all’ARPAC ed al Presidente dell’Osservatorio Ambientale. In seguito il WWF si è rivolto all’ARPAC e per conoscenza alla Magistratura competente affinchè si faccia chiarezza su queste emissioni “VISIBILI”, provenienti dall’inceneritore di Acerra. Si, perché quello che ci preoccupa sono sia le emissioni visibili all’occhio umano, sia le emissioni invisibili e che molto spesso sono tanto se non più pericolose di quelle visibili, per poi considerare anche tutti gli altri tipi di inquinamento che un inceneritore produce (acqua, suolo, ceneri, ecc.).

Ma quest’episodio offre lo spunto per riportarci, nuovamente, sul dibattito della gestione dei rifiuti in Campania.

Sicuramente oggi non si può dire che sia finita l’emergenza rifiuti nella nostra Regione, in quanto le percentuali di raccolta differenziata rivolta al riciclaggio della materia mediamente sono ancora troppo basse e le misure messe in campo dalle Istituzioni per ridurre a monte la quantità di rifiuti prodotta dai cittadini sono ancora poco tangibili.

Oggi è importante ribadire il concetto che più si riesce a ridurre la produzione di rifiuti, per esempio evitando di acquistare prodotti ed imballaggi usa e getta, e più si riesce ad implementare la raccolta differenziata rivolta al riciclaggio della materia, con il metodo del “porta a porta”, meno si deve ricorrere all’intervento degli inceneritori e delle discariche che rappresentano e rappresenteranno sempre l’anello finale dello smaltimento dei rifiuti, secondo il modello del ciclo integrato dei rifiuti. A questo processo (ciclo integrato dei rifiuti) si contrappone “l’Obiettivo Rifiuti Zero” (auspicato dal WWF e da tantissime altre realtà in Campania, in Italia e nel mondo), in cui il ricorso al trattamento termico ed alla discarica tende “asintoticamente” allo zero. Cioè, per essere più chiari: il modello proposto dal WWF è un processo che richiede degli specifici tempi di attuazione e di vari passaggi di processi che progressivamente vanno sempre più nella direzione della riduzione dei rifiuti e del riciclaggio degli stessi. In questo momento noi non possiamo negare il ricorso che si sta facendo ad impianti e metodi di smaltimento, da noi non auspicati, come l’incenerimento e il ricorso alle discariche per il tal quale.

Si deve evidenziare che, nonostante tutto, dei passi verso la nostra strategia si stanno compiendo: oggi, in piena campagna elettorale per le regionali, si sentono dichiarazioni sicuramente più “ravvedute” sugli inceneritori e le discariche di tal quale. Sicuramente, terminata la fase di “schizofrenia collettiva” dettata dall’emergenza rifiuti, in cui i Sindaci e gli Amministratori locali (provinciali e regionali) facevano a gara a chi voleva sul proprio territorio l’inceneritore, il gassificatore, il dissociatore molecolare e/o altre corbellerie simili, oggi si ragiona e si può finalmente intravedere la strada giusta per arrivare (progressivamente) al tanto auspicato “obiettivo rifiuti zero”. In questo senso l’aumento delle percentuali di raccalta differenziata, ottenute in questi ultimi tempi a Napoli, Salerno ed in tantissime altre città della Campania, va nella giusta direzione anche se il processo virtuoso è tutt’altro che raggiunto. Sicuramente uno degli anelli deboli di questa catena è rappresentato, secondo noi del WWF, dalla scarsa presenza, in Campania, di impianti dedicati al trattamento della frazione umida dei rifiuti (la frazione biodegradabile). Infine, è importante ricordare che le frazioni di rifiuti che i tecnici definiscono non riciclabili, secondo noi devono innanzitutto essere ridotti al massimo, anche con strumenti legislativi di prevenzione, e in ultima istanza devono essere trattati in impianti che lavorano “a freddo” (ad esempio Trattamento Meccanico Biologico), cioè senza bruciare niente e solo alla fine si può avviare una percentuale ridottissima (che deve tendere progressivamente a zero asintoticamente) di rifiuti, ovviamente già stabilizzati ed inertizzati, alla discarica controllata.

Di Alessandro Gatto (nella foto in alto a sinistra) - WWF Campania

Napoli, 24/02/2010

foto di Franco Spinelli