tratto da "La Repubblica"
di LUCA PAGNI
Sono pronte. Sia per aggiudicarsi le gare, non appena verranno bandite. Sia per presentarsi come partner industriali, non appena saranno aperti i capitali delle società. In ogni caso, sono destinate a diventare i nuovi campioni nazionali in settori di primo piano come la gestione delle acque o lo smaltimento dei rifiuti. Ma anche a competere alla pari con i colossi stranieri nel business dell’energia e del gas.
Per A2a, Iren ed Hera, le tre principali utility a controllo pubblico il 2011 si presenta come un anno di grandi opportunità. Vuoi perché hanno completato il percorso di alleanze sia con altre utility sia con partner finanziari vuoi perché il legislatore, con un intervento che molti operatori hanno giudicato come una forzatura, costringerà le aziende pubbliche ad aprire il capitale a partner industriali.
L’opportunità è rappresentata dal cosiddetto decreto Ronchi, il provvedimento che nelle intenzioni del governo di centrodestra dovrebbe aprire ai privati la gestione dei servizi pubblici locali. Il decreto prevede che le utility quotate possano mantenere le concessioni solo se gli azionisti pubblici scenderanno al 40% del capitale entro il 2011 e al 30% entro il 2012. Il che significa oltre 2 miliardi di euro di azioni messe sul mercato. Tutte le altre municipalizzate potranno mantenere le concessioni solo se la componente pubblica scenderà almeno al 40%, oppure saranno costrette a mettere i servizi in gara.
Questo sulla carta. Con grandi mugugni dei comuni azionisti che hanno vissuto la legge come l’ennesimo favore alle lobby degli imprenditori interessati a entrare nel settore pubblico delle acque, dei rifiuti e del trasporto pubblico (gas, elettricità e trasporto ferroviario locale sono ambiti esclusi dal legislatore). Invece, la Ronchi a detta degli esperti potrebbe favorire quelle società che, secondo la legge, sono società di diritto privato e persino quotate in Borsa, ma che dal punto di vista della proprietà sono controllate dai grandi Comuni. Con i sindaci che finiranno per ritrovarsi nell’elenco dei principali imprenditori italiani.
Non solo. L’opportunità che la Ronchi concede alle utility potrebbe anche essere finanziaria come spiega Lorenzo Parola, responsabile del dipartimento energy dello studio legale Dewey & LeBoeuf: «Le società quotate che vedranno scendere al 40 e poi al 30% la quota di partecipazione pubblica troveranno i fondi necessari da reinvestire nelle gare per l’affidamento dei servizi o per comprare quote di altre società pubbliche. Inoltre, siccome la legge dice che va privilegiata nell’offerta la qualità del servizio rispetto all’offerta economica, le utility sono in grado di mettere a frutto tutta l’esperienza e il knowhow accumulati in questi anni».
Ma non si tratta solo di sfruttare le possibilità offerte dal decreto Ronchi. Perché ci sono già tre ex municipalizzate che, anticipando i tempi e a colpi di faticose alleanze, sono in pole position per giocare un ruolo di primo piano a livello industriale in tre settori tra loro non concorrenziali. A2a, l’utility nata dalla fusione tra Aem Milano e Asm Brescia, è diventato il nuovo polo di riferimento nell’energia e il gas. Iren, ultima arrivata grazie alla fusione tra Iride (Genova e Torino) ed Enia (Piacenza, Parma e Reggio) è diventato il secondo polo italiano nella gestione di reti idriche e acquedotti. E, infine, Hera (Bologna, Modena, Ravenna e qualche decina di comuni emilanoromagnoli) è destinata a crescere nella gestione dei rifiuti e nella produzione di energia elettrica dai termovalorizzatori.
Un altro punto di contatto tra le tre utility del centronord è il ricorso ad alleanze finanziarie per crescere. Pioniere in questo campo sono state Aem Milano, Aem Torino e Asm Brescia che ancora prima di fondersi hanno aperto le porte alle banche per aggiudicarsi le centrali ex Enel che l’Antitrust ha fatto mettere in gara per aprire la concorrenza nel settore elettrico. L’alleanza con il capitale finanziario ha permesso loro di disporre di capacità elettrica da vendere ai clienti dei grandi comuni, migliorando i margini e portando a casa decine di milioni di utili ogni anno. E siccome la Ronchi non mette in gara i servizi di elettricità e gas, A2a ha iniziato a battere altre strade. Come dimostra l’affidamento al gruppo lombardo del termovalorizzatore di Acerra, impianto cardine per l’emergenza rifiuti in Campania. La strada delle alleanze finanziarie per crescere è stata seguita anche dagli altri. L’ultima della serie è stata Hera. La società guidata da Tomaso Tommasi ha individuato nel ciclo dei rifiuti il business in cui diventare un campione nazionale. E per trovare nuove risorse per i suoi investimenti ha individuato un partner andandoselo a prendere a Londra. La scelta è caduta sul fondo specializzato in infrastrutture Eiser che ha rilevato il 20% di Herambiente per 105 milioni. Una scelta dettata anche dal fatto che Eiser possiede già il 33% di uno dei principali operatori di waste management in Gran Bretagna (Cory Environmental). Hera può mettere in campo l’esperienza accumulata in tutta la filiera dei rifiuti: dalla realizzazione dei termovalorizzatori alla gestione di discariche e impianti di compostaggio. E secondo alcuni analisti sarebbe già pronta a partecipare a gare anche in giro per l’Europa. Stesso discorso per Iren. L’alleato in questo caso è italiano e risponde al nome di F2i, il fondo infrastrutturale presieduto dall’ex numero uno di Autostrade, Vito Gamberale. Assieme hanno dato vita a una società che avrà come socio di maggioranza Iren, con il 65% delle quote di capitale e per il restante 35% il fondo F2i. Il primo passo sarà quello di crescere nelle regioni in cui Iren è già predominante, ma l’ambizione è quella di superare in breve tempo il leader italiano, la romana Acea e respingere la concorrenza dei colossi francesi Suez e Veolia che hanno già i loro avamposti nella penisola. Iren, tra l’altro, può contare sull’esperienza nella gestione del servizio idrico a Palermo e a Cagliari. In futuro, Il "sogno" del presidente Roberto Bazzano è attraversare il Mediterraneo. I Balcani e l’Africa del Maghreb sono aree con notevoli potenzialità, con grandi metropoli che hanno bisogno di grandi interventi in infrastrutture pubbliche. Ma prima bisognerà vincere qualche gara in Italia.
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