giovedì 4 febbraio 2010

Regi Lagni. Il wwf lancia la sua proposta di risanamento. L'analisi di Alessandro Gatto

Premessa storica:

I Regi Lagni sono nient’altro che il frutto della ricanalizzazione, una decina di chilometri più a nord, dell’antico fiume Clanio (Clanis) che scorreva nei territori dell’agro aversano e sfociava naturalmente nel lago di Patria (attualmente denominato semplicemente lago Patria). Questa opera di ricanalizzazione avvenne per volere di Don Pedro Fernandez de Castro, vicerè di Napoli tra la metà del 1500 e l’inizio del 1600. Quindi da quel momento (precisamente l’opera fu conclusa nel 1616) scomparve il fiume Clanio e si ottenne il sistema dei canali denominato “Regi Lagni”. Nel tempo l’opera idraulica ha sempre avuto un rapporto di sufficiente integrazione con la natura e l’ambiente circostante, tant’è che si ricorda ancora che fino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, in primavera, i Regi Lagni si riempivano di pesci ed altri animali, c’era una forte abbondanza di anguille e di gamberi di fiume (indicatore biologico di qualità dell’ecosistema fluviale). Sulle rive dei Regi Lagni si poteva udire il forte canto degli usignoli di fiume e di altre specie legate all’ecosistema fluviale. Nei Regi Lagni e nei canali affluenti, nel periodo estivo, si potevano ammirare le balle di canapa che venivano lasciate macerare in acqua e tutto era ben inserito nel contesto naturale. Poi l’oblio!!!

Situazione attuale:

La mancata depurazione degli scarichi sia umani, sia agrozootecnici, l’avvento dell’industrializzazione in Terra di Lavoro e la perversa coibentazione del letto del canale e l’irregimentazione delle acque con argini di cemento hanno trasformato questi canali in uno dei corsi d’acqua più inquinato e degradato d’Italia. Negli anni ’70 del secolo scorso, con la forte urbanizzazione delle aree limitrofe ai Regi Lagni e la nascita delle aree ASI (le aree industriali), iniziò una corsa allo “scarico selvaggio” , sia di acque nere di origine umana ed animale, sia di liquami tossici industriali. Nel 1986 fu decisa e realizzata l'opera di confluenza dei tre vecchi canali che costituivano i Regi Lagni in un grande bacino con la cementificazione del letto e degli argini di quest’ultimo. L’opera costò all’epoca ben 981 miliardi delle vecchie lire. In tutti questi anni, successivi al 1986, si stratifica sul letto del canale una melma inquinata, tra gli altri inquinanti, da fenoli, fosfati, cloroformio, metalli pesanti (tra cui: cadmio, mercurio e piombo), triclorometano (un solvente per resine altamente tossico per l’essere umano) pari a 10 milioni di particelle per decimetro cubo. Il tutto con una abnorme presenza di inquinamento batteriologico e virale che determina una condizione di inquinamento del mare dove va a sfociare il canale tra le più inquinate d’Italia.

Le proposte del WWF:

1) l’avvio di un tavolo tecnico di consultazione con le associazioni per tutte le fasi e la durata del progetto così come si è fatto nella sede dell’ARPA Napoli la settimana scorsa.

2) il monitoraggio continuo della qualità delle acque dei Regi Lagni, sia sotto il profilo biologico, sia sotto il profilo chimico.

3) La redazione e pubblicazione del catasto (qualora non fosse ancora stato realizzato) degli scarichi pubblici e privati nel bacino imbrifero dei Regi Lagni.

4) L’attivazione completa ed esaustiva di tutto il sistema depurativo dell’intero corso dei Regi Lagni, anche attraverso l'obbligo dei comuni, che scaricano tuttora direttamente (senza pasAggiungi immaginesaggio in depuratore), di allacciarsi al sistema depurativo più vicino.

5) La bonifica completa di tutto il bacino imbrifero dei Regi Lagni.

6) La rinaturalizzazione dell’antico canale anche con opere di ingegneria naturalistica, ma che tengano conto delle essenze botaniche preesistenti ed autoctone, al fine di tutelare la biodiversità locale anche con il recupero di tutto l’ecosistema fluviale.

7) Nella realizzazione di questi interventi di piantumazione di specie arboree autoctone nelle aree campione il coinvolgimento diretto e specifico della popolazione locale al fine di garantire un controllo del territorio e impedire il rinstaurarsi delle attività illegali e criminose preesistenti (ad esempio lo scarico di rifiuti)

Fonte: dott. Alessandro Gatto - Responsabile settore rifiuti WWF Campania

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