cautelari emesse dal Noe, il nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Napoli, per “associazione a delinquere finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti”. Chiari agli uomini dello stato gli intenti dei criminali, che stamattina hanno diramato una nota con maggiori dettafli sulla vicenda: “dopo accurate indagini siamo riusciti a sgominare un agguerrito sodalizio criminale che si occupava di un ingentissimo quantitativo di rifiuti costituiti da indumenti ed accessori pst-consumo, i cui scarti venivano abbandonati e dati alle fiamme con il carattere della continuità per oltre due anni, determinando un gravissimo inquinamento dei terreni e delle falde acquifere, nonché la liberazione di sostanze altamente nocive in atmosfera”.
Da elogiare l’operato della magistratura, ma sorgono spontanee delle riflessioni.
Si è giunti finalmente alla verità? Si è messa, una volta per tutte, la parola fine allo smaltimento illecito delle balle di stracci che, regolarmente date alle fiamme, hanno infestato e contaminato tutto il territorio della piana Campana? Sarebbe davvero un toccasana l’avere la certezza di una risposta affermativa a questi quesiti. Ma per chi da anni segue da vicino le dinamiche dello “stupro” quotidiano fatto all’ambiente della regione Campania sa che l’ultima parola detta dalla magistratura non serve a preservare il territorio, non serve a redarguire i “prossimi sciacalli” dal commettere altri e più efferati crimini. L’ultima parola, perché ciò non si ripeta, spetta ai cittadini campani. Se questo non accade, se non si prende coscienza di quello che sta accadendo, questa infelice porzione di territorio italico prenderà una piega pericolosa dalla quale non se ne potrà più uscire. Una piega pericolosa che mina le fondamenta dell’intero edificio ideologico su cui si è costruito lo stato italiano. Siamo tutti vittime e carnefici. Per questo e per altri milioni di motivi non si può restare a guardare. Tutti coloro che sono dotati di “lucidità intellettuale” hanno delle precise responsabilità e dei precisi doveri ai quali non si possono sottrarre. Chi lo fa è un assassino! C’è da organizzarsi per far riprendere al popolo campano e meridionale le redini del proprio destino, perché nessun altro lo farà. Le masse campane sono state da secoli abbandonate a se stesse. Il colpo di grazia è stato dato con l’avvento dell’unità d’Italia. La storia ancora una volta è la maestra delle maestre, e ci insegna che dovremmo guardare ad essa per capire il presente. Prima dell’unità l’erario del Regno delle Due Sicilie contava ben 443,2 milioni di lire, la Lombardia 8,1, il Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna, Marche e Umbria 55,3, l’Impero sardo-piemontese 27,0, Toscana 85,2 e Venezia 12,7. Questi dati sono stati elaborati dallo storico statista ed economista Francesco Saverio Nitti (presidente del consiglio tra il 1919 e il 1920). Abbiamo pagato il prezzo della costruzione di una nazione “civile” e lo stiamo pagando ancora adesso, costretti come siamo alla più bieca delle pesti: la sottocultura, che ha generato quello ora è sotto gli occhi di tutti!
Da elogiare l’operato della magistratura, ma sorgono spontanee delle riflessioni.
Si è giunti finalmente alla verità? Si è messa, una volta per tutte, la parola fine allo smaltimento illecito delle balle di stracci che, regolarmente date alle fiamme, hanno infestato e contaminato tutto il territorio della piana Campana? Sarebbe davvero un toccasana l’avere la certezza di una risposta affermativa a questi quesiti. Ma per chi da anni segue da vicino le dinamiche dello “stupro” quotidiano fatto all’ambiente della regione Campania sa che l’ultima parola detta dalla magistratura non serve a preservare il territorio, non serve a redarguire i “prossimi sciacalli” dal commettere altri e più efferati crimini. L’ultima parola, perché ciò non si ripeta, spetta ai cittadini campani. Se questo non accade, se non si prende coscienza di quello che sta accadendo, questa infelice porzione di territorio italico prenderà una piega pericolosa dalla quale non se ne potrà più uscire. Una piega pericolosa che mina le fondamenta dell’intero edificio ideologico su cui si è costruito lo stato italiano. Siamo tutti vittime e carnefici. Per questo e per altri milioni di motivi non si può restare a guardare. Tutti coloro che sono dotati di “lucidità intellettuale” hanno delle precise responsabilità e dei precisi doveri ai quali non si possono sottrarre. Chi lo fa è un assassino! C’è da organizzarsi per far riprendere al popolo campano e meridionale le redini del proprio destino, perché nessun altro lo farà. Le masse campane sono state da secoli abbandonate a se stesse. Il colpo di grazia è stato dato con l’avvento dell’unità d’Italia. La storia ancora una volta è la maestra delle maestre, e ci insegna che dovremmo guardare ad essa per capire il presente. Prima dell’unità l’erario del Regno delle Due Sicilie contava ben 443,2 milioni di lire, la Lombardia 8,1, il Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Romagna, Marche e Umbria 55,3, l’Impero sardo-piemontese 27,0, Toscana 85,2 e Venezia 12,7. Questi dati sono stati elaborati dallo storico statista ed economista Francesco Saverio Nitti (presidente del consiglio tra il 1919 e il 1920). Abbiamo pagato il prezzo della costruzione di una nazione “civile” e lo stiamo pagando ancora adesso, costretti come siamo alla più bieca delle pesti: la sottocultura, che ha generato quello ora è sotto gli occhi di tutti!
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