"L'Impero": è questo il titolo dell'ultimo libro di Gigi Di Fiore. Un testo interamente dedicato alla camorra casertana. O forse sarebbe meglio dire mafia casertana. È qualche anno che mi sforzo di sottolineare il carattere mafioso della malavita casertana e finalmente qualcuno lo ha scritto chiaramente. Una storia che parte da lontano, ben descritta (e ben documentata) da Di Fiore. Una mafia sempre autonoma e diversa rispetto a quella napoletana, nata nei Mazzoni tra bufale e mozzarelle. Mafia contadina, impenetrabile, con struttura piramidale al cui vertice c'è una sola famiglia. Un'organizzazione in cui, per anni, la pratica del pentimento è stata una rarità assoluta, lavata col sangue.
Sangue, cemento e mozzarelle: questo il trinomio che caratterizza il clan. Lo stesso clan che, gettando le basi della propria ascesa con Antonio Bardellino, vede le sue radici culturali vecchie almeno di due secoli. Egemonia totale su tutta la provincia, clan satelliti tollerati e/o inglobati, con diritto di esistere e di operare ma sempre con il benestare di Casale (o San Cipriano). Da Giugliano a Gaeta, passando per Marcianise e Pignataro Maggiore. Un territorio enorme. Rapporti strettissimi (ma paritari) con Cosa Nostra, a volte addirittura apparentamenti strategici. Guerre di successione e di mafia. Lotte contro i cutuliani, ma anche lotte interne.
Cose che si sanno ma anche molti dettagli inediti, uno stile volto a riportare i fatti. Fa il giornalista Di Fiore, riporta fatti, appunto. Commenti pochi, considerazioni sempre molto ben ponderate, sforzandosi di essere il meno soggettivo possibile. Tanta cronaca giudiziaria. Uno stile poco sentimentale ma efficace. Ne emerge una realtà imbevuta di cultura criminale, dove la malavita entra nell'economia, nella politica, nella società. Dove la mafia è società! Libro aggiornatissimo fino al secondo grado di Spartacus. Ci sono delle cose che mi hanno colpito per un motivo o per un altro.
La prima può sembrare secondaria, ma la si rivaluta se si pensa a come ragionano i casalesi: il cadavere mai trovato di Antonio Bardellino. Rosaria Capacchione ci induce a riflettere. Come può essere che la donna di un capomafia si risposi dopo poco tempo che il marito è stato assassinato? Alle donne di mafie certe condotte non sono permesse. Matrimonio di copertura? Che l'uccisione di Bardellino non sia mai avvenuta? Perché, nonostante precise indicazioni in merito alla spiaggia dove il corpo di Bardellino sarebbe stato sepolto, la polizia non ne ha mai trovato traccia? Siamo sicuri che i casalesi hanno ucciso il sanciprianese Bardellino? La magistratura, nonostante il mancato rinvenimento del cadavere, ne è convinta. Bardellino non era uno qualunque ma una sorta di padre del clan.
La seconda: l'enfasi con cui è stata accolta la sentenza di secondo grado del maxiprocesso alla mafia dei Mazzoni, in contrasto con la quasi totale indifferenza con cui era stata accolta la sentenza di primo grado. Il merito è di Roberto Saviano. Grazie Roberto!
La terza: l'eroismo di certi magistrati, di certi giornalisti, di certi politici, di certe persone. Io sono di Gricignano di Aversa e so quanto valga l'omertà in alcuni casi. In certe zone è l'arma migliore per aver salva la vita. Sentiamo alcuni fare proclami e teorizzare sistemi da contrapporre alla mafia. Tutto molto bello, ma il vero coraggio è di chi, abitando a cento passi dalla casa dei boss, non ha paura di rendere noti i loro loschi affari e le loro efferatezze, denunciandoli. Quanti Peppino Impastato nella mia provincia ma ancora troppo pochi rispetto ai Tano Badalamenti. A loro, la mia ammirazione. Non vanno dimenticati.
La quarta è un vuoto da riempire. Le sentenze e le cronache, come il libro, parlano molto di Casale, San Cipriano, Casapesenna, Mondragone... Di Fiore dedica non poche parole al clan satellite di Pignataro Maggiore ma il vuoto, secondo me, riguarda Marcianise, Gricignano, Carinaro, Cesa e altri paesi. Cosa dire di Orta di Atella, Succivo... Molti sono satelliti di Casale che, scommetto, stanno approfittando della stretta operata al clan per guadagnare spazi. È un vuoto giornalistico più che giudiziario e andrebbe colmato. Esiste già qualche elemento ma dobbiamo approfondire. In queste zone si sono realizzati alcuni dei più grandi investimenti immobiliari e industriali che la Campania abbia visto negli ultimi 15 anni (alloggi US Navy costruiti dai Coppola, quelli del villaggio Coppola sul territorio di Gricignano di Aversa. Il polo tessile e il polo calzaturiero, costruiti sui territori di Gricignano, Teverola e Carinaro. Migliaia di alloggi abusivi sul territorio di Orta di Atella, tanto che si parlava di una "seconda Orta". Il tratto di TAV che attraversa Gricignano e Marcianise. La costruzione del Tarì sul territorio di marcianise). Non è difficile immaginare in che modo gli appalti siano stati assegnati. Ancora da chiarire alcuni omicidi avvenuti nel 1996 quando cominciava la costruzione degli alloggi per i militari americani a Gricignano. O quelli avvenuti a Marcianise e Capodrise tra il 1991 ed il 1992, gli anni in cui si lavorava all'edificazione del Tarì. Su questo indagano i giudici ma a noi tocca la guardia civile?
Infine una nota che è forse sfuggita (o forse il suo libro era già in stampa quando ciò è avvenuto) al documentato Di Fiore. Una nota positiva. Un giovane imprenditore di Cesa, che io conosco (abbiamo frequentato la stessa scuola superiore), che ha lanciato un grido di dolore. Scrivendo a Michele Santoro, Lorenzo Ferriero ha squarciato l'omertà tipica della nostra terra. Ha scritto:
"Dott. Santoro mi chiamo Lorenzo Ferriero, sono un giovane imprenditore che vive a Cesa in provincia di Caserta, paese del pentito Gaetano Vassallo. Per anni lo scrivente e il fratello sono vissuti sotto la minaccia delle estorsioni, alle quali non hanno mai inteso sottostare; infatti negli anni gli atti intimidatori si sono susseguiti:-nel mese di aprile 2000 si verificò un incendio in un cantiere; -nello stesso anno nel mese di agosto vi fu un attentato dinamitardo presso la abitazione della mia famiglia adibita anche a sede legale della società, (fatti regolarmente denunciati agli organi di polizia). Stante la nostra fermezza di non sottostare alle pressioni dirette od indirette dei clan si è cercato di annientarci economicamente, minacciando in maniera aperta i committenti dei vari lavori affinché non affidassero loro più commesse o risolvessero i contratti in corso, minacciando i proprietari di terreni oggetto di trattative affinché desistessero dalla cessione degli stessi a noi, e avvicinando familiari ed amici finché ci convincessero a pagare, poiché oramai eravamo rimasti gli unici a non rispettare le regole del clan. Nonostante tutte le difficoltà sopra rappresentate, la nostra piccola impresa era riuscita non solo a sopravvivere economicamente ed onorare tutti gli impegni assunti, ma anche a progredire passando a gestire operazione immobiliari vere e proprie di grosso valore. L'esistenza sul micro territorio di un gruppo imprenditoriale non aggiogato alla logica ed agli interessi del clan egemone della zona, non era ammissibile ne tollerabile oltremodo. Tale circostanza in paese era notoria e più volte era stata palesata con impudenza e sprezzo della legalità dai componenti del gruppo malavitoso egemone, infatti i Ferriero invece di piegare la testa la hanno alzata, ed erano e sono un pericolo mortale per il sistema omertoso sul quale si regge il Clan egemone a Cesa, dove la fanno da padroni. E questi camorristi lo sanno, infatti anche a distanza di anni non dimenticano chi ha osato opporsi ed è diventato un cattivo esempio per tutti gli altri.
Tanto che la notte di natale 2007 compivano la più nefanda e scellerata delle loro azioni uccidendo il fratello dello scrivente Cesario di appena 26 anni. Chi scrive è stato gettato nello sconforto totale ed ormai è quasi paralizzato ad adottare qualsiasi scelta, ha chiesto aiuto alle istituzioni con molteplici comunicazioni, oltre ovviamente a denunciare le estorsioni e le minacce subite. Ha chiesto aiuto alla prefettura di Caserta affinché gli venisse garantita una forma di protezione almeno negli spostamenti che deve fare per seguire le sue attività imprenditoriali, anche perché, stante l'attuale situazione, l'azienda rischia il fallimento, e con essa tutto l'indotto e le famiglie che lavorano. Ebbene ad oggi a quasi dieci mesi niente di niente richieste e denunce lasciate non si sa dove. Come non pensare all'omicidio di Michele Orsi consumato a Casal Di Principe pochi mesi fa, quando il suo avvocato affermava di aver chiesto alla Prefettura prima dell'omicidio protezione per il suo assistito. Ma che razza di paese è questo! La storia si ripete anche se con diverse sfaccettature ma tutti restano inermi a guardare, ad aspettare gli eventi, e i cittadini onesti vengono abbandonati ed isolati, lasciati al proprio destino; c'è da vergognarsi! Se non è una resa alla camorra questa, e chi in questa situazione dovrebbe sentirsi invogliato a denunciare senza garanzia di diritti. A questo punto ciascuno è portato a credere che la camorra e i gruppi malavitosi siano solo una causa dei problemi, l'altra è sicuramente da individuare nella inefficienza dell'intero sistema. Cesa è un paese dove lo Stato è completamente assente, ed è sostituito in ogni sua funzione dal clan egemone, basti pensare che qui è stato picchiato il parroco in chiesa sull'altare, davanti a decine di bambini che facevano lezioni di catechismo da uno di questi capoclan; tutti sanno chi è stato!!! E naturalmente il terrore aumenta. I capoclan girano armati e scortati da affiliati e figli di capo clan muniti di regolare permesso di porto di pistola rilasciato dagli organi competenti. Cesa è l'unico paese del circondario a non essersi dotato di una rete di gas metano nonostante la volontà di investimento di aziende di rilievo Nazionale come Enel Rete Gas e opportunità di finanziamenti pubblici, poiché il gas nei bomboloni a Cesa è gestito dal clan camorristico, e solo dopo le mie denunce il consiglio comunale obbligati dal prefetto di Caserta ha fatto un primo timido passo con una delibera di consiglio comunale dello scorso settembre 2008, anche se si è lasciato scadere finanziamenti pubblici per portare il metano a Cesa. A Cesa ha investito il Gruppo LIDL di grosso rilievo con l'apertura di un punto vendita in via Matteotti, anche qui attentati dinamitardi per tangenti e assunzioni di donne di affiliati e familiari del Clan camorristico. A Cesa, in Comune lavora la moglie di un Capoclan, che ha accesso ai dati di questo ente e fa da portavoce del marito. Le estorsioni si consumano direttamente nelle abitazioni private di questi camorristi, poiché non vi è imprenditore che prima di intraprendere una qualsiasi iniziativa non sia costretto è obbligato a passare da loro e mettersi d'accordo sul prezzo da versare nelle casse di questo potentissimo clan, pertanto questi camorristi non si devono neanche più scomodare, e andare in strada o sui cantieri, tanta è la loro forza. In questo paese i gruppi criminali si affrontano da oltre un ventennio a suon di morti ammazzati e allo stato nessun processo ha assicurato alla giustizia con una condanna i presunti responsabili. Pochi mesi or sono il tecnico comunale, è stato gambizzato sull'uscio del comune e dopo una lunga convalescenza tornato a lavoro, anche perché è la sua unica fonte per vivere, è stato costretto a spostarsi nell'ufficio commercio senza averne competenze, perché in tale ufficio, il suo vecchio ufficio, era di intralcio agli affari del clan.
Questo e molto, ma molto altro ancora, accade a Cesa per mano di un Clan camorristico che oramai si sente onnipotente. Se le istituzioni locali come più volte dimostrato, hanno paura di un sistema che loro malgrado si sono ritrovati, a chi tocca estirpare questo cancro? A voi la risposta."
È da chi, come Lorenzo, ha il coraggio di denunciare, che dovrà partire il nostro risveglio!